“Tradizione significa ravvivare il fuoco, non adorare le ceneri”

Mentre apprendo con moderata perplessità della rimozione dal suo incarico diocesano del Vescovo statunitense Joseph Strickland, “colpevole”, a quanto sembra, di essere stato poco diplomatico, soprattutto sui temi bioetici, e troppo aderente al detto evangelico “sia il vostro parlare: sì sì, no no; il resto viene dal demonio”, scopro altresì che qualcuno a livello internazionale si è divertito a rinfocolare l’annosa (e noiosa) questione su John Ronald Reuel Tolkien “conservatore” o “progressista”. A suo modo, anche questa è una tradizione, soprattutto in Italia. Ora, da umile studioso di questo grande scrittore britannico, pur ribadendo, come l’autore dell’articolo in questione, che un’opera epica come “Il Signore degli Anelli” non sia categorizzabile politicamente poiché trascende le lotte politiche (e infatti fu apprezzata tanto negli USA quanto in Unione Sovietica), vorrei sottolineare brevemente alcuni aspetti relativi alle vicende biografiche e alle convinzioni di Tolkien che purtroppo sono stati omessi nell’analisi che mi è capitato di leggere:

  1. Sul piano politico bisogna intendersi su cosa significhi essere “conservatore” per un Cattolico. Certamente non significa essere razzista e nazifascista come taluni affermano superficialmente o in perfetta malafede. Tuttavia non significa nemmeno, nel caso di Tolkien, appoggiare pienamente un’entità come l’Impero Britannico, dato che esso è (stato) un impero ostinatamente protestante fin dalla cacciata degli Stuart dopo la cosiddetta “Gloriosa Rivoluzione” del XVII sec. Sull’essere “democratico” si potrebbe in età contemporanea trovare la quadra, ma la “democrazia”, perlomeno quella “occidentale” (qualunque cosa ciò significhi attualmente), si fonda sul relativismo filosofico e non è del tutto compatibile con il concetto molto concreto di “Regalità sociale di Cristo” (cioè con il fatto che Cristo e la legge cristiana debbano concretamente regnare nella società umana affinché essa sia perfetta), né con l’ordine rivolto da Gesù ai suoi discepoli di andare nel mondo e battezzare “tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Infatti il relativismo porta con sé l’ecumenismo, cioè l’idea che tutte le religioni siano uguali (cosa a cui ovviamente non crede nessuno, perché non ha senso). E infatti Tolkien non era nemmeno pienamente “democratico” nel senso che comunemente si attribuisce a questo termine, ossia non era pienamente fautore di quella forma di governo in cui, a livello meramente teorico, “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” e non a Dio. Basti osservare, a tal proposito, la critica all’americanismo presente nel suo epistolario. Quindi la “monarchia incostituzionale” e l'”anarchia”, che Tolkien citava nelle sue lettere, nel suo caso specifico, sono aspirazioni legittime non in contrasto con il conservatorismo di stampo cattolico;
  2. Dal punto di vista religioso, una buona sintesi si trova in quest’articolo: https://www.radiospada.org/2018/10/j-r-r-tolkien-san-pio-x-e-il-concilio-vaticano-ii/. Per farla breve e per risparmiare a chi non ne avesse tempo o voglia la lettura dell’articolo di cui sopra, sottolineo che, se è vero che Tolkien non contestò mai in toto il Concilio Vaticano II, cosa che peraltro non fece nemmeno Mons. Marcel Lefebvre (il quale, tra parentesi, aveva ragione da vendere, come confermò lo stesso Paolo VI quando affermò che “il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”, nonché in una discussione ormai pubblica con Mons. Lefebvre stesso), è altrettanto vero che Tolkien contestò varie tendenze “moderniste” (ricordo che il “modernismo”, ossia la tendenza a voler rincorrere a tutti i costi le mode e la filosofia dei tempi moderni, per i Cattolici è un’eresia condannata ufficialmente a più riprese dal Magistero) e mantenne per tutta la vita degli usi “preconciliari”, in particolare quello di pregare e rispondere in Latino durante la liturgia.

Quindi sì, Tolkien personalmente era un “moderato” ma pur sempre un “conservatore”. Concludo con un ulteriore spunto di riflessione: non sarà stata forse questa sua sensibilità “preconciliare” una delle ragioni che hanno finora precluso a Tolkien l’apertura di una Causa di Beatificazione? “Ai posteri l’ardua sentenza”.

Florio Scifo

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