La trasformazione dell’uomo o della donna in cose, in semplici “risorse” merce al servizio del capitale, come Marx aveva già previsto fin dall’Ottocento, è il tema attuale di questi primi 25 anni del nuovo millennio.
In quest’epoca post umana o meglio transumana, la questione del valore della persona in sé assume una centralità nuova; la disumanizzazione della società spinta senza remore da centri d’interesse, nemmeno troppo occulti ma ormai ben visibili, riporta paradossalmente le lancette dell’orologio indietro di circa centodieci anni quando la misura di una persona era tarata sul censo, sulla sua capacità di avere e non di essere.
Vale la pena di evidenziare alcuni aspetti poco noti di questo processo in corso.
Nel 2016 usciva un interessante articolo https://www.scienzaevita.org/wp-content/uploads/2017/02/NDC-Castilla-Barea.pdf
della Professoressa Margarita Castilla Barea che analizzava questo processo affermando che: “Secondo il Dizionario della Reale Accademia Spagnola della Lingua, “cosificar” è “convertire qualcosa in cosa”.
Ciò costituisce una definizione molto neutra sotto l’aspetto della valutazione; però quella parola significa anche “ridurre alla condizione di cosa ciò che non lo è”.
Ecco dunque come il verbo “ridurre” conferisca alla definizione una connotazione peggiorativa dal momento che ciò che viene reificato soffre una menomazione, una diminuzione, una riduzione nella sua qualità o condizione. Ed è in questa seconda accezione, con la quale si suole utilizzare la espressione “reificazione della persona”, che si fa abitualmente riferimento ad un insieme di situazioni in cui l’essere umano viene degradato o deriso, trattandolo alla stregua di un semplice oggetto e negandogli quella dignità superiore che lo pone al di sopra di qualsiasi animale o cosa.
Parte di tale denigrazione sta nel considerare che il corpo sia separabile dalla sfera morale, spirituale o intellettuale che definisce l’essere umano. La contrattazione sul corpo e sulle sue funzionalità fisiologiche attiene alla integrità della persona e produce conseguenze non solo fisiche, ma anche psichiche, psicologiche e spirituali”.
Questo processo è esploso con la prescrizione obbligatoria di massa di farmaci, autorizzati con riserva al commercio in epoca pandemica, senza conoscerne minimamente gli effetti o l’efficacia e dove le persone, sovente anziani o bambini, sono state utilizzate come cose dagli Stati, senza alcun consenso informato dei pazienti, trasformati in oggetti di una sperimentazione ancora in pieno svolgimento.
Ma lo si vede anche nelle normative sempre più aggressive che estendono l’eutanasia, l’aborto, il prelievo di organi umani, la clonazione, o l’uso spregiudicato del corpo per la prostituzione o l’utero in affitto, che espone sempre le parti più deboli della società allo sfruttamento da parte di grandi centri d’interesse come le case farmaceutiche o pseudofilantropi globali che investono per puro lucro personale o, persino, per bramosia di potere sull’uomo, in totale conflitto d’interesse, sulla salute collettiva o sull’ambiente.
L’uomo del nuovo millennio oscilla perciò tra due estremi: la totale mercificazione e riduzione a oggetto di sperimentazione delle masse, come avviene nel transumanesimo che lo riduce a semplice hardware, supporto rigido dell’impianto di chip o di colture biologiche; e la ricerca costante dei programmatori del progetto di autodivinizzazione.
Non a caso la stessa rappresentazione cinematografica spinge verso questo obiettivo basta citare per tutti il film “Povere cose” che ha vinto 4 oscar rappresentando infatti delle cose non più degli uomini.




