L’Italia ha deciso di deportare in Albania 36 mila persone l’anno contro la loro volontà e di segregarle in container a tempo indeterminato, senza che nessun organismo politico d’inchiesta o di giustizia nazionale o internazionale abbia aperto un’indagine sulle persone autrici di questa scellerata decisione del Governo, ratificata poi dal Parlamento italiano.
Scellerata perchè viola il divieto previsto dall’articolo 3 della CEDU di trattamenti disumani e degradanti, nonchè il principio di non-refoulement1 riconosciuto dall’art. 33, par. 1, della Convezione sullo status dei rifugiati del 1951.
Dunque cosa ha deciso l’Italia?
Ha stipulato con l’Albania un accordo che prevede la costruzione di Centri di detenzione temporanei esternalizzati in Albania dove deportare, con la forza, le persone che sono in attesa del permesso di soggiorno in Italia.
Nessuno si è reso conto della gravità di tale legge di ratifica, sottoposta al Parlamento italiano nel silenzio generale2 dei mezzi d’informazione e degli stessi organismi internazionali che avrebbero dovuto tutelare3 le persone richiedenti asilo in Italia con la complicità degli stessi organismi della Unione Europea di tutela dei diritti umani.
Tale silenzio, anzi quasi favore, manifestato dall’UNHCR nei confronti dell’Italia appare scandaloso, laddove nei confronti della Gran Bretagna, in occasione dell’approvazione dell’analogo accordo che deportava in Ruanda i richiedenti asilo, lo stesso ente internazionale aveva espresso totale contrarietà il 23 aprile 20244, spingendo così il subentrante governo laburista britannico del premier Starmer a ritirare il progetto.
Basta leggere i documenti in nota e confrontarli tra loro per fare sorgere il sospetto che la presenza di un alto Commissario italiano abbia influito su tale incredibile tiepidezza nel denunciare un fatto inaudito e in contrasto con tutto ciò per cui l’UNHCR è stato creato ed opera.
Auspichiamo di sbagliarci e che l’alto Commissario dott. Filippo Grandi voglia smentirci intervenendo subito sull’Italia, come ha fatto con la Gran Bretagna il 23.04.2024, a fronte di un analogo scandaloso accordo di deportazione gravemente violativo dei diritti umani.
Almeno la Gran Bretagna ha avuto il coraggio di dire che per attuare una simile atrocità, qual è quella di deportare in un paese terzo i propri richiedenti asilo, si doveva attuare la disapplicazione di alcune disposizioni dello Human Rights Act 1998, con cui il Regno Unito ha dato effetto alla CEDU e di fatto sospendere l’efficacia diretta della CEDU stessa5 nel Regno Unito.
L’Italia non ha nemmeno detto questo ponendosi così, di fatto, fuori dall’applicazione della CEDU violandone in modo istituzionale gli articoli (primi tra tutti gli artt. 3 e 8) e le regole del Consiglio d’Europa di cui fa pur ancora parte.
Tutto ciò, manifesta non solo una totale impunità degli organi legislativi, giudiziari ed esecutivi italiani, a fronte di violazioni macroscopiche della Costituzione (vedasi articoli 10,11,117) ma anche la totale indifferenza dell’opinione pubblica a fronte della disapplicazione generalizzata della legge nazionale, europea, internazionale e dei trattati ratificati dall’Italia.
La pressione migratoria, sapientemente esasperata dalla stampa e dalle fazioni politiche in lotta tra loro in Italia, ha reso la popolazione incapace di discernere anche quelle regole internazionalmente riconosciute di umanità e di pretendere dai loro rappresentanti politici la tutela del rispetto, da parte delle istituzioni, delle più elementari regole di dignità umana.
In ogni caso, scriviamo questo articolo nella consapevolezza che sollecitare l’intervento dell’organismo internazionale potrà fermare questa deportazione in corso e ci affidiamo alla magistratura perchè svolga la sua funzione di garante dell’applicazione dei diritti civili e delle norme consuetudinarie internazionalmente riconosciute, qual è il principio di non respingimento.
- Il principio di non respingimento fa parte del diritto internazionale consuetudinario ed è quindi vincolante per tutti gli Stati, che siano o meno parti della Convenzione e del Protocollo di Ginevra sui rifugiati.
Nel diritto internazionale, il divieto di respingimento è stato sviluppato in diversi strumenti giuridici, sia a livello globale che regionale, come ad esempio nell’art. 3 della Convenzione contro la tortura (art. 3 della Convenzione di Ginevra). 3 della Convenzione contro la tortura (CAT), nell’art. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e nell’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani. 3 della Convenzione europea sui diritti umani (CEDU). Inizialmente, il divieto di respingimento è stato sviluppato in relazione alla protezione dei rifugiati.
La CEDU non contiene un divieto esplicito di respingimento. Tuttavia, in particolare, ai sensi dell’art. 3 della CEDU, un divieto di respingimento è stato sviluppato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). L’art. 3 della CEDU vieta anche il respingimento indiretto, ossia l’allontanamento verso un Paese terzo – intermedio – dal quale l’individuo può poi essere allontanato verso il Paese in cui corre un rischio reale di subire i maltrattamenti previsti. ↩︎ - Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Albania in materia di sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2024 A.C. 1916 Dossier n° 317 – Schede di lettura 2 luglio 2024 chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://documenti.camera.it/Leg19/Dossier/Pdf/ES0207.Pdf ↩︎
- https://www.unhcr.org/it/notizie-storie/notizie/audizione-unhcr-alla-camera-dei-deputati-sul-protocollo-tra-italia-e-albania/#:~:text=L’UNHCR%20riconosce%20che%20l,rifugiati%20e%20dei%20diritti%20umani. ↩︎
- https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/04/uk-rwanda-asylum-law-un-leaders-warn-harmful-consequences ↩︎
- il provvedimento prevede, in conseguenza della designazione del Ruanda come paese terzo sicuro, la disapplicazione di alcune disposizioni dello Human Rights Act 1998, con cui il Regno Unito ha dato effetto alla CEDU. In particolare, l’Act prevede che l’obbligo, fissato dalla section 3 dello Human Rights Act 1998, di interpretare la normativa interna in maniera compatibile ai diritti riconosciuti dalla CEDU non debba essere applicato alle disposizioni dell’Act. Infine, si prevede che, qualora la Corte europea dei diritti dell’uomo adotti una misura provvisoria nell’ambito di un procedimento relativo all’allontanamento di un richiedente asilo verso il Ruanda, la competenza a decidere se il Regno Unito si conformerà o meno a tale misura spetta esclusivamente al Minister competente (section 5) chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.cortecostituzionale.it/documenti/segnalazioni_corrente/Regno%20Unito%20-%20Il%20Safety%20of%20Rwanda%20(Asylum%20and%20Immigration)%20Bill%20ottiene%20il%20Royal%20Assent.pdf ↩︎




