Articolo pubblicato su Italiani.net
L’intervento del Presidente Draghi al summit “Global Solutions Summit 2021” alcuni giorni fa ha chiarito che i vaccini sarebbero inefficaci contro le varianti del virus e messo in dubbio l’efficacia della corsa alla vaccinazione di massa quando una pandemia è in atto.
Sull’efficacia dei prodotti farmaceutici deve porsi seriamente il problema se i prodotti somministrati siano efficaci, conformi all’uso cui sono destinati e abbiano o meno le caratteristiche propagandate di immunizzare dal virus; infine, se siano stati, secondo i protocolli in uso, correttamente conservati. Leggendo la nota dell’Agenzia Europea del Farmaco del 26.11.2020 n.ro 63919 si scopre che circa le temperature di conservazione dei vari prodotti vi sarebbero delle incertezze, specie laddove venivano prima ritenute necessarie temperature conservative molto basse che oggi non sarebbero più ritenute indispensabili. Dunque, non è chiaro come mai prima il prodotto vaccinale dovesse essere tenuto a -80 gradi mentre ora, invece, sarebbe sufficiente una temperatura da -8 a +2 gradi. Non è noto se tale incertezza possa incidere sull’efficacia del prodotto o meno. Si apprende in questi giorni dagli organi di stampa che tali temperature non sarebbero più indispensabili per la conservazione corretta e l’efficacia del prodotto.
E’ noto che il codice penale, con l’articolo 443 punisce in maniera assai gravosa (reclusione da sei mesi a tre anni, oltre alla multa), chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti. Nell’esegesi dottrinale più tradizionale, si è sempre inteso quale medicinale guasto o imperfetto quello che, per i motivi più vari – che possono spaziare dalla scadenza del prodotto al suo deterioramento per cause naturali, dal difettoso dosaggio dei componenti dei medicinali, seppure genuini nella loro essenza, dalle stesse modalità di conservazione, alla preparazione non secondo le regole e i precetti della tecnica farmaceutica – risulti essere privo di efficacia terapeutica, ovvero ne presenti una minore di quella propria. Si è altresì considerato imperfetto il medicinale non preparato secondo le prescrizioni scientifiche e nel quale non si siano verificate tutte le condizioni per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel suo uso, ovvero per renderlo idoneo al suo scopo. Dunque chiedere all’Autorità Giudiziaria di verificare tali profili pare del tutto legittimo e corretto.
Ma vi è anche la questione dell’uso cui i prodotti in questione sono destinati: prevenire l’infezione da covid19. Ebbene, dai rapporti fino ad ora esaminati (rapporto ISS 4/2021, Comunicati del comitato di vigilanza del WHO, circolari del ministero della Sanità) i vaccini non paiono idonei a prevenire l’infezione nei vaccinati, né ad evitare che contagino terzi. Essi perciò non paiono idonei ad evitare la diffusione del contagio o a garantire l’immunizzazione soggettiva, laddove i prodotti farmaceutici in questione risultano solo parzialmente idonei a lenire gli effetti dell’infezione nei vaccinati ma, come detto, non ad impedire la contrazione dell’infezione, né il contagio. La conversione in legge del decreto n.44/2021 che prevede l’obbligatorietà del vaccino per il personale sanitario, pone in realtà brutalmente il problema che la suddetta normativa non garantisca affatto la protezione in capo ai lavoratori, nè in capo ai pazienti: non protegge secondo l’art.2087 cc, non tutela l’integrità psicofisica dei lavoratori se essi possono comunque contagiarsi e contagiare, non protegge i pazienti ma si iscrive solo come fatto di scelta individuale sperimentale, volto a ridurre gli effetti del contagio sulla propria persona ma non evitare a ciascun soggetto vaccinato la contrazione del covid 19. Stanti queste considerazioni i prodotti succitati, venduti come immunizzanti, sembrerebbero essere prodotti diversi dai vaccini ma dei farmaci idonei solo, eventualmente, a lenire gli effetti del male e non a prevenirlo. In questo contesto l’obbligo vaccinale sancito, oggi ci risulta solo in Italia, dalla legge n.76 del 2021 e prima dall’art. 4 del d.l. 44/2021, si pone in contrasto con la natura stessa dei prodotti farmaceutici attualmente posti in commercio, laddove afferma che i vaccini obbligatori sarebbero prescritti per contenere il rischio di diffusione del contagio, in assenza di alcuna evidenza scientifica che dimostri che tali prodotti siano immunizzanti.
Infine, la legge che prevede l’obbligatorietà dei prodotti vaccinali suddetti si pone in netto contrasto con le norme internazionali, prima tra tutte, l’art.3 per. 2 della Carta europea dei diritti fondamentali, laddove, da un lato, oblitera la libertà del consenso a trattamenti sanitari e biologici non conosciuti nei loro effetti a breve, medio e lungo periodo; dall’altro lato, non essendovi evidenze scientifiche della idoneità a immunizzare dei vaccini in commercio contro il covid19, risulta carente anche il profilo informativo del consenso, in quanto viene imposto un trattamento senza avvertire i destinatari che il prodotto non immunizza ma solo elide gli effetti della malattia e, quindi, non evita il contagio e la contagiosità al vaccinato. La stessa risoluzione del Consiglio d’Europa 2361 (2021) punti 7.3 e seguenti esclude che gli Stati membri possano prevedere obblighi vaccinali o discriminazioni fondate sulla mancata vaccinazione e tale fatto pone l’Italia oggi in aperto contrasto con la risoluzione suddetta perché, nel caso di specie, stiamo parlando di prodotti non autorizzati in via ordinaria ma autorizzati con riserva al commercio e che vengono imposti al personale sanitario senza alcuno studio clinico che ne attesti la effettiva capacità immunizzante.
In tal senso, concludiamo con le parole dell’Istituto superiore di sanità che nel suo recentissimo rapporto: “Impatto della vaccinazione COVID-19 sul rischio di infezione da SARS-CoV-2 e successivo ricovero e decesso in Italia (27.12.2020 – 03.05.2021)” afferma: “Va comunque tenuto presente che le conoscenze disponibili sul profilo beneficio-rischio dei vaccini non potranno che accumularsi gradualmente con il proseguire delle campagne vaccinali attualmente in corso nei vari paesi. Sono dunque necessari studi per verificare l’efficacia dei vaccini nella pratica clinica (effectiveness) cioè in condizioni reali (Real World Evidence) e approfondire le conoscenze su gruppi di popolazioni ed esiti rilevanti non considerati negli studi pre-registrativi”.
Francesco Scifo e Linda Corrias